Esiste il ragù bolognese definitivo?

Un blog di grandi speranze…di Valerio (Gu), Luigi (za) e Saverio (s)

Trattoria Meloncello

La serata sembra già avere qualcosa di speciale: sta cadendo la neve. È la prima neve dell’inverno bolognese e decide di presentarsi così, da sola, senza quell’enorme reparto marketing fatto di presepi, babbi natali, lucine colorate e panettoni. Errore madornale, senza speranza. Mentre aspetto alla fermata dell’autobus, sento i borbottii della gente già preoccupata per il traffico, per il freddo e perché la nonna scivolerà sicuramente mentre va a fare la spesa. Io, invece, sono contento. Non tanto per la neve, ma perché stasera ci giochiamo un (presunto) asso di briscola: la Trattoria Meloncello.

Quando sono davanti all’ingresso, non posso fare a meno di apprezzarne la posizione: l’arco del Meloncello, incastonato nel lunghissimo portico di via Saragozza, con l’illuminazione calda dei faretti, appannata e diffusa dalla nebbiolina umida che ha preso il posto della neve e, sullo sfondo, la Torre di Maratona. Molto suggestivo.

Ma, come si dice, enough of this BS (si dice, no?), entriamo nel vivo. So perché tutti voi migliaia – ma che dico migliaia, milioni! – di lettori affamati siete qui: il ragù. Giusto, anche la banda dei Guzas ha ben chiaro l’obiettivo: trovare il “ragù bolognese definitivo”.

Il menù, a parte la stranezza di non avere antipasti, è quello che ci si aspetta da una trattoria bolognese: un numero contenuto di primi, secondi e dolci tradizionali. Dopo una (non) rapida consultazione, decidiamo di optare per un bis di taglietelle al ragù e gramigna alla salsiccia.

E qui, spero mi perdonerete, ma sono costretto nuovamente a divagare e svelare uno dei miei più torbidi segreti, “l’oscuro passeggero” che mi appesantisce l’anima da quando ho memoria: io il secondo non lo voglio. Io voglio mangiare la pasta, io godo con i primi. Sì, ok, mi piace la carne, mi piacciono anche altre cose. Anzi, mi piace praticamente tutto, ma non godo come con la pasta. La verità è che io, al ristorante, vorrei ordinare un primo e, come secondo, un altro primo. Ma mi vergogno. Mi vergogno tantissimo. Non riesco a farlo. Sono vittima di quella maledetta cultura illuministica, di quell’atteggiamento bigotto e moralista tipico delle società occidentali basate sulle scienze esatte. Fin dalle elementari ti fanno credere che con la matematica non si possa scherazare. Che l’ordine dei numeri non sia arbitrario. Il primo non può venire dopo il primo. Se, come secondo, prendi un primo, allora è davvero un primo? E’ un primo secondo? O forse un secondo primo? “Si è sempre fatto così”, ti dicono. “La matematica è il linguaggio della natura” ti dicono. Se esprimi ciò che ti senti dentro, vieni tacciato di essere “contro natura”. Ebbene, io alla Trattoria Meloncello, ho deciso di fare il grande passo e, per questo, devo ringraziare la mia amica Giulia, a cui questa recensione è dedicata. Lei vive in Francia, dove la tradizione illuminista è fortissima e il pregiudizio imperversa. Lì, per metterti alla gogna, se ordini la pasta al ristorante ti costringono a mangiare la carbonara con la panna di fronte a tutti. Grazie Giulia, mi hai dato la forza per mostrarmi per quello che sono veramente.

Quindi, tornando a noi, ho ordinato di primo le tagliatelle al ragù e, di secondo, la gramigna alla salsiccia, mentre Valerio e Saverio si sono sacrificati e hanno ordinato un bis per poter assaggiare – e valutare – anche un secondo. Le tagliatelle le abbiamo trovate eccezionali dal punto di vista della sfoglia (fanno tutto in casa). Grossa ed elastica al punto giusto, ruvida abbastanza da portarsi dietro il ragù. Ragù che, in sé, giudico buono ma non eccezionale se, come termine di paragone, lo confrontiamo con un ragù fatto in casa. Nel complesso, un ottimo piatto.

La gramigna l’ho trovata invece un po’ agli antipodi: la pasta non era nulla di eccezionale, anche un pochino scotta secondo i miei standard (è l’unico taglio di pasta che non fanno in casa), ma il ragù di salsiccia molto buono, saporitissimo. Non ho molto apprezzato il fatto che venga servita in una piccola terrina: ho fatto fatica a mescolare bene il parmigiano e la gramigna tende a cadere sulla tovaglia.

Come secondo, ho assaggiato da Valerio sia le polpette al sugo con i piselli – una delle loro specialità – che le zucchine ripiene: entrambe all’altezza della fama, le polpette davvero gustose e con una consistenza perfetta, le zucchine molto saporite (lascio ai commenti eventuali approfondimenti di chi le ha gustate per intero).

Per finire, il dolce: io un classico mascarpone, che ho apprezzato molto, la crema non era troppo dolce e i savoiardi erano imbevuti nel caffé in maniera perfetta. La zuppa inglese di Valerio non l’ho assaggiata, aveva sicuramente un aspetto invitante ed è servita in quantità notevole.

Concludiamo allora con la domanda fondamentale: abbiamo finalmente trovato il ragù definitivo? Io direi che, per fortuna, non lo abbiamo trovato neanche al Meloncello. Siamo costretti, per dovere verso i lettori, a proseguire nella ricerca.